Chi ormeggia all’isola di Selve deve decidere: o proseguire per “Punte Bianche”, cioè verso l’inizio dell’arcipelago delle Incoronate, oppure ripiegare verso nord scegliendo tra il mare aperto e il suggestivo passaggio del Canale di Ossero .
C’eravamo dati appuntamento a Baia Pantera, ma improvvisi “impegni” ci avevano costretto a risalire e a cambiare improvvisamente itinerario.
Avevo tradito le attese e per consolarmi, lasciato il porto orientale di Selve, quello più sicuro e attrezzato, mi sono diretto alla scoperta di Neresine, l’agglomerato di case che s’affaccia su di un porticciolo, che nutre antiche ambizioni di diventare un vero “Marina”.
Siamo soltanto a due miglia dallo stretto passaggio che unisce, con un ponte girevole, l’isola di Cherso a quella di Lussino e ogni giorno, puntualmente prima alle nove e poi alle diciassette.
Turisti, automobilisti bloccati e indigeni terrestri assistono al passaggio delle imbarcazioni che sfilano, rigorosamente una alla volta, tra due ali di curiosi: prima quelli che da sud navigano verso nord e poi viceversa.
L’attuale ponte restaurato nel 2017 – si noti un vecchio cannone infisso nel molo ad uso bitta di ormeggio.
“No se pol perder Ossero” avevano proclamato i miei ospiti triestini a bordo, precisando inoltre che “el ponte xe quel vecio, lo steso che una volta iera sul Canal del Ponterosso a Trieste”. Una gran balla poiché questo ponte oggi è quasi nuovo e quello storico della fine dell’800 era “simile” al “Ponte Verde” del Canale del Ponterosso solo perché era stato realizzato nello stesso stabilimento e quindi appariva simile.
Ma ai triestini questa contiguità ideale delle vecchie province austro-ungariche piace molto e l’ottocentesca “fake new” continua ancora a circolare. Inoltre la città di Ossero, antica capitale degli Assirtidi, ricca di resti greci, romani e veneti era un centro importantissimo dell’Adriatico Orientale tanto da meritarsi oggi, ridotta a un paesino di qualche centinaio di abitanti, il titolo di “Pompei del Quarnaro”.
Meriterebbe una sosta per la visita ai resti delle sue vestigia, ma l’ansia di passare questo canale artificiale, lungo 150 metri e largo appena e soltanto 5 o 6 metri, prende il sopravvento. Il portolano ufficiale non mente: le correnti possono essere molto forti e superare anche i cinque nodi.
La sensazione che si prova è identica a quella che spesso ho provato in montagna, dopo una abbondante nevicata poco prima del passo sull’ultima salita, allorché chi mi precedeva, non aveva messo le catene e nemmeno aveva i pneumatici adatti, perciò incominciava a sculettare minacciando di porsi di traverso. Che faccio? Controllo i giri del motore per vedere quanto posso ancora forzare, ma ecco che ormai siamo oltre, il Canale di Ossero è stato attraversato. Mi distraggo per vedere, alla mia destra, i resti di un’antica cinta fortificata; sarebbe bello attraccare per un po’ e invece si va via dritti per non intralciare tutti gli altri che aspettano il loro turno per scendere a sud con il favore della corrente e intanto restano li in attesa, con le barche in equilibrio, ai margini di questo fiume artificiale.
In una Croazia che ha saputo immediatamente succhiar “euri” invece che kune, dopo aver divorato marchi, scellini e anche tantissime lire in ogni favorevole occasione turistica, mi sorprendo che nessuno sia lì a esigere il pedaggio per l’attraversamento di questo strategico canale; perciò non mi resta che gioire di questo insospettato dono e proseguo lungo la costa occidentale dell’isola. La nuova meta é Cherso, con il suo porto protetto da tutti i venti e il suo confortevole Marina che ci attende per ristorare tutti noi con un ormeggio sicuro.
Sul pontile avvengono i casuali incontri con vecchi amici “Dove andate?” “Da dove venite?” “Hai la barca nuova!” “Ma quella lì non è la barca che era stata costruita per …….” “Centrato!”
Arriva anche qualche barca corsaiola che esibisce vele in kevlar anche in crociera! Prima dell’ora di cena c’è tempo per qualche battuta e un consiglio: “Il Canale di Ossero?” “Fatelo che merita”.
Più tardi si accenderà una lampada a petrolio, qualcuno sfodererà una chitarra e nella pausa tra due canzoni mi viene estorta da un ritrovata amica della barca accanto la mia promessa … da marinaio a questa manager in bella vista.”Quando ritorniamo al lavoro spero che non racconterai a nessuno che cantavo, fino a notte fonda, su un molo di Cherso anche le canzonacce della nostra indimenticata gioventù “.
Buon vento.